Avete mai sentito parlare di “Comfort zone” ? Magari ancora no, ma è certo che nell’area di comfort – per dirla in italiano – ci siamo capitati un po’ tutti almeno una volta nella vita. La “Comfort zone”, secondo la puntuale definizione di Alasdair A. K. White, autore della “Teoria della comfort zone”, è:
La condizione mentale in cui la persona agisce in uno stato di assenza di ansietà, con un livello di prestazioni costante e senza percepire un senso di rischio.

L’assenza di ansia e la sensazione di avere il controllo delle cose, il più delle volte sono garantite dalla ripetizione di gesti e azioni che conosciamo bene e da una vita di ritmi consolidati. A volte, però, se ci ascoltiamo profondamente, emergono aspetti del quotidiano che possono risultarci stretti e configurarsi come gabbie.

A pensarci bene, la vera crescita e il miglioramento personale o una maggiore qualità delle prestazioni, si ottengono spesso quando si sperimenta una cosa mai fatta prima o, viceversa, quando si vive una condizione già nota con un approccio differente. Detto in altre parole, cresciamo e miglioriamo se ci assumiamo nuovi rischi in termini di atteggiamento e modi di pensare, uscendo dalla cosiddetta “area di comfort”. Tutto ciò che di nuovo accadrà sarà fonte di apprendimento e di nuove esperienze.

Immaginate un bambino di sei/otto mesi che inizia a fare i primi passi, prima accompagnato dai genitori, o dai nonni o dagli zii; poi, piano piano, solo con la sicurezza di due mani che lo sostengono; poi solo di una, poi da solo. A quel punto comincerà a cadere, si rialzerà e riproverà e, ogni volta, con maggiore consapevolezza: prima capirà come si mettono i piedi, poi dove mettere la forza e, alla fine, come bilanciare il bacino. Tutto grazie alla forza dell’intuizione e all’ascolto libero di sé. Finché, un giorno, vedremo il piccolo camminare felice e a passo spedito.

Pertanto cadrete e vi rialzerete, perché la vita procede sempre per nuove esperienze e apprendimenti!